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L'universo in una tazzina di caffè

by fritz - Giovanni Frison

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1.
Spettrogramma della mia situazione istantanea. Statico. Statico. Ansia! Corro, corro, corro, corro, corro, corro, corro, corro, VOLO. Acqua alla gola. Statico. La mia batteria non si scarica mai. Eppure com’è che vorrei ricaricarla?
E poi su quale alimentatore?
2.
Se il tavolo fosse sul soffitto di fianco al lampadario di sicuro noi non mangeremmo la minestra ma soltanto cose che si mangian con le mani per evitar che ce le porti via la forza di gravità E a preparar la tavola servirebbe la scala e i piatti verrebbero incollati con l’attack una volta seduti dovremmo tenerci forte e il pranzo di Natale chissà poi chi lo digerirà Se i tavoli crescessero sul soffitto e i bambini nascessero dai cavoli avremmo tutti quanti troppi scrupoli nel dire che l’amore è bello assai Se i tavoli crescessero sul soffitto e se per farne uno bastasse un fior non ci alzeremmo forse mai da tavola ma ci scenderemmo, caso mai Se il tavolo fosse sul soffitto di fianco al lampadario vedremmo tutto quanto per lo meno un po’ al contrario il tg comincerebbe a raccontare barzellette ma in fondo poi di questo cambiamento nessuno se ne accorgerebbe. Vivremmo per amare e non per lavorare il papa vestirebbe non di lino ma di stracci de andrà sarebbe stato presidente del consiglio e silvio berlusconi suonerebbe in crociera il piano bar. Se i tavoli crescessero sul soffitto e i bambini non nascessero dai cavoli saremmo tutti quanti meno stupidi e non berremmo mai la coca light. Se i tavoli crescessero sul soffitto e se per farne uno bastasse un fior non tratteremmo l’iphone come un figlio staremmo bene anche senza il wifi. Se il tavolo fosse sul soffitto il pranzo sarebbe una scusa per veder le cose da un altro punto di vista Se il tavolo fosse sul soffitto il pranzo sarebbe un motivo per dare una svolta al tuo solito tram tram Spenderemmo i soldi per viaggiare e visitare per aprirci la mente e non per chiuderci nei bunker daremmo il giusto senso a ciò che lo ha per davvero passando le giornate non sui social ma sul mondo vero. Se i tavoli crescessero sul soffitto e i bambini nascessero dai cavoli avremmo tutti quanti troppi scrupoli nel dire che l’amore è bello assai Se i tavoli crescessero sul soffitto e se per farne uno bastasse un fior non ci alzeremmo forse mai da tavola ma ci scenderemmo, caso mai Se il tavolo fosse sul soffitto e tutto l’universo si trovasse dentro una tazzina di caffè starei bene attento a come dosare lo zucchero e a spanderne il meno possibile dal soffitto sul parquet.
3.
Nere farfalle dentro di me come in un barattolo di vetro sentono il sale che porta silenzio chiedono arte, chiedono vita. Chiedono nuovi tramonti d’arancio dietro agli argini, tra i girasoli sogni barocchi di polvere e avorio lacrime appese ai fili di un arpa. Brezza d’estate che suona in sordina scuote il barattolo e tutte le ali scontrano il vetro, nere di notte, sono emozioni, istanti ricordi.
4.
Le luci delle macchine e dei lampioni che si riflettono sui finestrini. Freni che fischiano davanti a un bar mi sento sicuro come sul divano davanti alla TV e incerto e precario come da solo ne buio. La notte, al di fuori del vetro, prende e nasconde tutte le cose che non sanno brillare di luce propria. Siamo una manciata di sconosciuti, ognuno pensa solo ai fatti suoi. Sogni e illusioni al vivavoce, la ragazzina con le ginocchia scoperte critiche e lamenti, una donna al telefono “non c’è lavoro”, un’altra all’autista. Sale un ragazzo che scherza al cellulare sale un ragazzo che scherza al cellulare. La notte, al di fuori del vetro, prende e nasconde tutte le cose che non sanno brillare di luce propria. Siamo una manciata di sconosciuti, ognuno pensa solo ai fatti suoi, siamo una manciata di sconosciuti, e tutti vicini protetti dai finestrini. E’ stanco il motore sbuffa ed aspetta di riposarsi che lunga giornata. Costruirsi una trappola è l’unico modo, per sentirsi liberi una volta ogni tanto.
5.
Entropia 05:08
A volte vorrei tornare ad un istante prima soltanto un istante prima di aver detto la cazzata aver fatto la frittata ma non posso rimetterla nell’uovo. Solo un istante prima di offendere mio padre per mordermi la lingua Prima di macchiarmi di varichina di quel tuffo in piscina col cellulare nella tasca del costume. Entropia Punto di non ritorno Disordine dell’universo Entropia Disordine della mia testa impossibile tornare indietro A volte vorrei tornare ad un istante prima soltanto un istante aver distrutto un’amicizia e lasciato la prima ragazza per rifarlo ma con più dolcezza Un istante prima aver messo la firma sul contratto a rate prima di aver spremuto a fondo tutto il dentifricio ma non posso rimetterlo nel tubetto. Entropia Punto di non ritorno Disordine dell’universo Entropia Disordine della mia testa impossibile tornare indietro A volte vorrei tornare ad un istante prima aver detto ti amo senza pensarlo prima di aver strisciato la macchina di aver bruciato il computer sbagliando tensione di alimentazione prima di aver rinunciato a una qualsiasi notte brava o prima di ogni minuto perso (perso e) che non tornerà.
6.
Dev'essere brutto morire. Ma non per la morte in se. Ma per quello che ci si perde poi. Trovo bella quanto sadica la vita. Ti guardi intorno e nel caos ingestito della della gente sembra ci sia qualcuno che preme i bottoni, che muove i fili. Come le chiavi elettriche negli hotel. La infila e chick e chack si accende la luce e trovi al mondo. La toglie chick e chack e si spegne tutto. E ci si trova così aggrappati a quella tesserina di plastica che si fa di tutto per bloccarla, per fare in modo che non sgusci fuori dalla sua fessurina. Eppure non ce ne si può fare niente. Sono in nottate come questa che ci si sente inutili come lo sputo e allo stesso tempo indispensabili come la saliva. In cui le strade diventano tutte mie e una vecchia canzone di elvis, neanche una delle migliori, diventa la cosa più preziosa che ho.
7.
Il chitarrista della metro, sbronzo ormai dal pomeriggio, di Vivaldi faceva un allegro, di Paganini faceva un capriccio. E il suo umor divenne tetro quando il signor testa di ciccio indicando l’uomo ebbro disse <<suona peggio d’un riccio>>. Fato volle che nella metro proprio in quel bel pomeriggio (si aggirasse poco addietro) assistesse a quel teatro niente di meno che un riccio. Questi si sentì un po’ offeso dal parlar di quell’omaccio così al musicista ebbro la chitarra chiese il riccio. Con maestria muoveva il plettro e cacciò un bell’assolaccio gliela mise nel di dietro a quel pirla di sir. Ciccio. Disse grazie all’uomo ebbro, mostrò il dito al signor Ciccio, e se ne andò con passo allegro fiero e soddisfatto il riccio. E il chitarrista della metro sbronzo ormai dal pomeriggio tornò a suonare un bell’allegro tornò a suonare un bel capriccio. La morale del canovaccio e la lezione di questo bisticcio è “mai sottovalutare un riccio o la fantasia di un uomo alticcio”.
8.
Europa 05:45
E mi trovo ad affrontare La solitudine e la voglia di fare Che non mi salta addosso quasi mai. Combattere il bisogno Di una birra in compagnia Fuggire da me stesso. E tu sopra l’Europa Tra i Beatles e il tè alle 5 Mi parli di ubriachi e libertà Qui le zanzare pungono E mi pungono l’anima E noi ci amiamo dentro una webcam E dio salvi gli amici, ma solo quelli stronzi, quelli di cui non ti libererai. Quelli che ti abbracciano E ti prendono a pugni, a volte sbronzi, sobri quasi mai. E i grilli, cantano in ¾ Accompagnati dal suono Del mio stereo spento ormai. La luna non la vedo, attraverso la parete, ma sono convinto che ci sia. Credevo di spremere l’arancia Della vita, credevo di spremerla quanto basta. E ora che sono stato investito da quel tir, sono assuefatto e non mi basta più. Drogati nei polmoni Dall’aria degli adolescenti L’amore intorno esplode come in guerra. E andandosene lascia i suoi morti e i suoi feriti In pozzanghere di lacrime e di sperma. Eppure ogni volta che lo trovo mi si scalda il cuore Che si scorda le corde vocali Urlando alla mia sobrietà. Eppure ogni volta che lo trovo mi si scalda il cuore Che si rompe le corde vocali Per offendere la mia sobrietà.
9.
Altro 05:13
Cerchiamo il calore del sole sulla pelle il sorriso della donna che amiamo guidare di notte con la giusta canzone cerchiamo una storia e una birra fresca. Cerchiamo un abbraccio, un bel panorama una boccata d’aria pulita un po’ di silenzio e una carezza o forse soltanto la verità. E abbiamo un remoto lontano senso d’infinito che portiamo dentro di noi e ogni tanto salta fuori a dirci che non è tutto qui. Ma non c’è altro che possiamo chiedere, ma non c’è altro in qui possiamo credere, ma non c’è altro. E’ tutto qui.
10.
E sassi alla finestra nel mezzo della notte distese di girasoli e l’amore che spostava le montagne e che sbloccava il traffico in tangenziale. E le stesse approvavano questo era importante io fumavo e tu non capivi perché. E i problemi ci hanno sempre tenuti sotto braccio come due vecchi amici che non ci siamo scelti ma che visto che ci sono da tanto ormai teniamoli. E io vorrei soltanto tornare a tirare sassi alla finestra nel mezzo della notte come un ladro e portarti nei campi di girasoli che non ci sono più e baciarti senza chiederti niente. Gli anni che facevamo l’amore e non ci fregava dei passanti che tanto erano ombre sul nostro universo. e portarti nei campi di girasoli che non ci sono più senza chiederti niente se non di tenermi in vita.
11.
Avevano gli stessi occhi piccoli dispersi vetri di bottiglia. Sedevano vicini nell’autobus diretto a Helsinki non come due amici ma più come due che si volevano molto bene Lei si faceva cadere la sua treccia rossa alla sinistra del collo Ogni tanto si accarezzavano lei con le mani e lui con lo sguardo. L’attesa di lui era la cosa più distante che potesse esistere dal senso di rassegnazione di lei. Eppure avevano gli stessi occhi lei e il cane.
12.
Sono bidello Di scuola statale E lavo i cessi Ma nei weekend Indosso il casco Prendo la moto Accendo il motore E via ai 130 Se non ci sono Gli autovelox Altrimenti rispetto Limite 50 Nella vallata Come una lince E poi tornanti Fino alla cima Giunto in montagna una sigaretta L'accendo felice E guardo giu Con la natura E la mia cicca Trovo la pace dentro di me. Ha detto il dottore Che sto un po male Lo stinco incurvato E il pancreas striato Il mento convesso E un fianco in calore Ed è meglio che io Smetta di fumare Ma ho ancora la moto E dopo i cessi A fine giornata Vado per la vallata E in cima alla cima Guardo un po’ giù sto ad aspettare Ma non so che fare Boia che noia Dov'è la mia pace? Ma che motivi Ho per stare lì? Così torno a casa E ripongo la moto Vado a dormire E sogno così Grandi fumate Nella vallata Con molta pace Unicorni e lillà Ma poi mi sveglio E non ha piu senso salire in moto e Guidare fin li Così yesterday Ho venduto la moto
13.
Domande 04:36
Fuma, piove. Guarda la gente e la strada, bagnate. Fermati, scrivi. Il mondo negli occhi e le tasche vuote. Sopravviveremo al cancro? E sopravviveremo a noi? E domani ci ameremo, o non ci arriveremo mai? Continueremo a stare bene e ad inseguire i nostri sogni e a non guarire mai dalla follia di vivere? A non cadere mai nell’abitudinarietà dei luoghi comuni, delle persone normali? E a non pensare mai di sapere cosa pensi? Ed essere felici stringendoci al tramonto? E vorrei non domandare e darti sempre tutto e dirci sempre “ti amo” per solo ciò che siamo. E non smettere di farti le sorprese e le carezze e di prenderti in giro e dirti cose dolci. E non seguir l’esempio di nonni e genitori, con neanche un soldo in tasca e la vita negli occhi. Continueremo a rider degli sguardi della gente, degli scherzi del tempo, facendoci il solletico? Fermati, scrivi. Guarda le strade e i piccioni bagnati. Pensa, ridi. Respira la vita a pieni polmoni.
14.
E verranno giorni in cui anche io vi mostrerò le caviglie, che la notte non farà paura. Che non dovrò più svegliarmi alle 4 per cambiare casa e aver paura di venir scoperto dal buonsenso. Verranno giorni in cui potrò buttare a fiume secchiate del mio buon tempo senza rimpiangerne una goccia, nei quali sarà la televisione che comincerà a guardarci e i vecchi torneranno a giocare a carte e a ricevere la pensione. In cui i gusti musicali degli italiani miglioreranno o peggioreranno e torneremo ad ascoltare Povia. Giorni in cui l'umidità della notte non ci ghiaccerà le ossa e le nostre vesciche saranno cisterne. Giorni che ci meraviglieremo davanti alle stelle che ci meraviglieremo di noi animali chiusi in gabbie in cemento, che saremo travolti dalle nostre vite e non saremo più capaci di cambiarle e di rinunciare all'ora legale. Giorni in cui le nostre scuole cominceranno ad insegnare qualcosa, e i professori ad amare la cultura . In cui io mi farò la barba e non sarò l'unico, ma questo non sarà un problema, perchè non dimostrerò 6 anni di meno. Mi dimenticherò degli amici, e loro dimenticheranno me, e i nonni saranno morti e nessuno ricorderà più la guerra e la sofferenza e come si scrive una lettera d'amore perchè ci si manderà un messaggio vocale su whatsapp. E le ciminiere saranno piene dei giocattoli uccisi dai tablet e di semafori uccisi dalle rotatorie. E l'orizzonte verrà coperto da schermi a plasma che sono poi, in fondo, meglio definiti. Giorni in cui vaffanculo diverrà un complimento, in cui si salveranno solo gli amici più stronzi e i parenti serpenti, e non ci si dovrà più nascondere per scoreggiare o per leggere una poesia ma si potrà farlo in piazza, perchè ci sarà qualcuno lì ad ascoltare. Giorni in cui io e te cominceremo a parlare, ad ascoltarci in silenzio e a smettere di desiderare il nord, e non avremo paura a volerci bene perchè tanto non avremo un cazzo da perdere.
15.
Se l’universo intero, le galassie e le meteore, le stelle, gli asteroidi, i tropici, gli strabici, i medici e i tricicli, i rauchi e i bicipiti, e gli stereotipi, i campi e le distese, le case, le chiese, il maggese, le pretese, i sogni, le speranze e le ricorrenze, i cartelli stradali e i ricchi schiacciati sulle tangenziali. I sogni imbalsamati dei nostri genitori, i tasti bianchi e neri e la cometa di Hanley il disordine della mia camera e della mia testa, le ciabatte di mio padre, Shackespeare e le mie canzoni, mosca, new york, e santa maria di leuca, i ricordi e gli orchi delle storie dei Grimm, le talpe, gli uomini e gli altri animali che ci vedono poco. Le poche attenzioni che le persone si scambiano l’argine dietro casa, il big bang e la luna, l’arena di verona e tutti gli accendini, la lega nord, i buchi neri, i neri, noi e gli altri clandestini, le supernove, le superstrade, i supereroi dei fumetti e quelli della vita vera si trovassero nel mio caffè espresso, lungo, quasi annacquato… beh starei attento a dosare lo zucchero e a mescolare con cautela senza spanderne neanche una goccia (o comunque il meno possibile). Se spandessi dalla tazzina giove, la via lattea, l’america o qualche altra insignificante briciola dell’universo, diciamo che mi dispiacerebbe un po’. E poi non vorrei creare tsunami di asteroidi, mescolando il caffè nel senso sbagliato. E poi starei lì ad osservarlo per alcuni minuti, nella sua bellezza e nel suo aroma tostato. E assaporerei a fondo con le narici prima di berlo. E poi giu, un piccolo sorso alla volta cercando di assaporarne il più possibile la sia immensità e la sua limitatezza e il suo infinito. Ma è solo un caffè. [C’è sempre un fondo di verità O per lo meno di caffè.]

about

Dedicato ai tramonti sull’argine
ai semafori uccisi dalle rotatorie
a chi, come me, vede l’universo nelle tazzine
e a Serena.

Un grazie di cuore, milza e polmoni a
Cino, Matteo N., Mitch, Sheva, Bonvi e Cesco,
agli amici stronzi e alla mia famiglia
per aver creduto me e in questo album.

Registrato tra l’Italia e l’Olanda.
Luglio-Dicembre 2015

credits

released December 20, 2015

Voce, tastiere ed elettronica: Giovanni Frison
Chitarra acustica ed elettrica: Francesco Perrone
Testi e musiche di Giovanni Frison.

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